Ascoltare attentamente la chiamata di Dio

Questi giovani devono trascorrere almeno sei anni in seminario prima di essere ordinati sacerdoti.

La prima tappa per rispondere alla vocazione al sacerdozio o a qualsivoglia forma di vita religiosa è quella di ascoltare attentamente la chiamata di Dio. A questo scopo, i mezzi migliori sono la preghiera fervorosa, che non è altro che l’elevazione della nostra anima a Dio, così come la ricezione meritoria dei sacramenti, la quale consolida lo stato di grazia, ovvero l’amicizia con Dio. L’uomo, giovane o meno giovane, si disporrà in questo modo a udire la chiamata divina, perché Dio parla soltanto a chi è pronto ad ascoltarlo e a seguirlo. Ascolta attentamente la chiamata di Dio…

Un’aspirazione autentica e profonda

Questa chiamata divina, tuttavia, non si manifesta con forti emozioni e sentimenti intensi. Le consolazioni sensibili possono talvolta soltanto completare la scoperta di una vocazione, ma non costituiscono la chiamata vera e propria al sacerdozio. Una vera vocazione si esprime piuttosto attraverso un desiderio solido, risoluto e costante di servire Dio, sacrificandosi per il bene degli altri. Questo desiderio disinteressato era la principale motivazione di Cristo sulla terra e lo stesso dovrebbe essere per tutti i futuri sacerdoti.

Quando un uomo capisce di avere questo desiderio persistente, dovrebbe allora rivolgersi a un sacerdote del luogo per cercare di entrare in seminario, a condizione, chiaramente, che non ci siano ostacoli maggiori. È questo il primo passo, e il più importante, per rispondere alla vocazione sacerdotale.

Il dovere di discernere

Il dovere di discernere la vocazione di una persona spetta al rettore del seminario e al direttore spirituale del futuro sacerdote. Dio, infatti, ha voluto che un ruolo così importante e difficile fosse affidato a queste figure in particolare, scelte attraverso l’autorità del vescovo locale. Nella misura in cui l’aspirante sacerdote nelle sue parole e nelle sue azioni è onesto e sincero, la vera natura della sua vocazione si chiarirà senza ombra di dubbio.

Il futuro prete, oltre alla pia intenzione di onorare Dio e servire le anime, deve anche far prova di possedere le giuste attitudini accademiche, la disciplina morale, la salute psicologica, il buon senso e la maturità intellettuale. Queste qualità sono tutte necessarie alla buona riuscita del ministero sacerdotale. Per lo stesso motivo, il futuro sacerdote non deve lasciarsi guidare dalle emozioni, avere attaccamenti ai piaceri sensibili né ricercare le lodi del mondo o il prestigio. Dei simili difetti andrebbero a ostacolare gravemente il suo apostolato e a sciupare il suo rapporto con Dio.

Ad Catholici Sacerdotii

Papa Pio XI ha riassunto in modo eccellente le qualità che i vescovi, i rettori di seminario e i direttori spirituali dovrebbero ricercare e promuovere nella formazione dell’aspirante sacerdote:

«Né sarà difficile all'occhio vigile ed esperto di chi presiede al Seminario, di chi segue e studia amorosamente ad uno ad uno i giovani a sé affidati e le loro inclinazioni, non sarà difficile, diciamo, accertarsi se uno abbia o no una vera vocazione sacerdotale. Questa, come ben sapete, Venerabili Fratelli, più che in un sentimento del cuore o in una sensibile attrattiva, che talvolta può mancare o venir meno, si rivela nella retta intenzione di chi aspira al sacerdozio, unita a quel complesso di doti fisiche, intellettuali e morali che lo rendono idoneo per tale stato. Chi tende al sacerdozio unicamente per il nobile motivo di consacrarsi al servizio di Dio e alla salute delle anime, e insieme ha o almeno seriamente attende ad acquistare una soda pietà, una purezza di vita a tutta prova, una scienza sufficiente nel senso da Noi sopra esposto, questi mostra di essere chiamato da Dio allo stato sacerdotale.

Chi invece, spintovi forse da malconsigliati genitori, volesse abbracciare questo stato per la prospettiva di vantaggi temporali e terreni, intravveduti e sperati nel sacerdozio, come avveniva più frequentemente in passato; chi è abitualmente refrattario alla soggezione e alla disciplina, poco inclinato alla pietà, poco amante del lavoro e poco zelante delle anime; chi specialmente è proclive alla sensualità e con diuturna esperienza non ha provato di saperla vincere; chi non ha attitudine allo studio, in modo che si preveda non poter seguire con sufficiente soddisfazione i corsi prescritti; tutti costoro non sono fatti per il sacerdozio»

(Pio XI, Ad Catholici Sacerdotii).

Una preparazione rigorosa ed esigente

La preparazione a una vita sacerdotale autentica è pertanto rigorosa ed esigente, ma non per questo priva di gratificazioni. Cristo stesso ha risposto così ai suoi apostoli che gli chiedevano quale sarebbe stata la loro ricompensa:

«E chiunque avrà abbandonato la casa, o i fratelli, o le sorelle, o il padre, o la madre, o la moglie, o i figliuoli, o i poderi per amor del mio nome, riceverà il centuplo, e possederà la vita eterna» (Matteo, XIX, 29).