La gerarchia della Chiesa

Il cattolicesimo insegna che Dio ha creato l'universo in un ordine gerarchico sul quale Egli è l'autorità suprema.

La Fraternità San Pio X difende i diritti e i doveri del papa e dei vescovi, che sono i pastori istituiti da Dio a capo della Chiesa. Il papa è il pastore supremo, al quale spetta di occuparsi della Chiesa universale, mentre i vescovi sono i pastori delle loro diocesi. Nell’assolvere a tali funzioni possiedono un’autorità autentica, conferita loro da Dio.

La collegialità del Concilio Vaticano II

Il principio della collegialità costituisce un ostacolo all’esercizio di questa autorità. Secondo tale principio, il papa e i vescovi non devono più fare uso della loro autorità, bensì governare la Chiesa in modo collegiale. Ovviamente non c’è nulla di male nel fatto che i vescovi di un paese o di un’area linguistica si riuniscano tra di loro (oppure un vescovo con i suoi sacerdoti più qualificati), a condizione però che questo non porti il vescovo a non avere più il coraggio di prendere decisioni personali, piegandosi sempre al voto della maggioranza (che sia quello della conferenza episcopale o quello del suo clero). 

Già durante il Concilio ci fu una dura battaglia riguardo alla collegialità. Alcuni Padri conciliari di orientamento liberale, infatti, sostenevano la tesi estrema che la somma autorità nella Chiesa non sia quella del papa, bensì quella del collegio episcopale nella sua interezza: il papa avrebbe quindi la somma autorità soltanto se e nella misura in cui parla come rappresentante del collegio episcopale. Nella costituzione conciliare sulla Chiesa (Lumen gentium), il paragrafo relativo alla collegialità fu consapevolmente lasciato ambiguo, per poterlo interpretare, dopo il Concilio, nel senso di questa tesi estrema. I liberali commisero però l’errore di esporre questa loro intenzione in una lettera che finì nelle mani dei Padri conservatori. Secondo Ralph Wiltgens, Paolo VI sarebbe addirittura scoppiato in lacrime quando si rese conto di come lo avevano ingannato, e in conseguenza di ciò fece preparare una “nota previa” per escludere l’interpretazione modernista estrema del testo conciliare.

La Chiesa ha un doppio soggetto del potere?

Sebbene la suprema autorità del papa sia di per sé rimasta intatta, tuttavia resta curioso il fatto che la Chiesa, secondo Lumen gentium 22, in un certo senso ha un doppio soggetto del potere supremo, e cioè il papa e il collegio episcopale (che comprende anche il papa). Questo aspetto è penetrato anche nel nuovo Codice di diritto canonico (can. 336).

Secondo l’insegnamento tradizionale il potere supremo viene esercitato in modo collegiale solo in casi straordinari, e cioè quando i vescovi, su ordine o almeno con l’approvazione del papa, si riuniscono in un concilio ecumenico.

Le conseguenze della collegialità

Perciò attualmente risulta difficile ai pastori d’anime fare uso della loro autorità quando devono prendere delle decisioni impopolari, dal momento che subito viene rimproverato loro che stanno agendo in modo non conforme alla collegialità del Vaticano II. 

Nel postconcilio si sono registrati numerosi esempi di vescovi o perfino papi che non hanno osato imporre la propria volontà contro le conferenze episcopali. Il permesso della comunione sulla mano, per esempio, fu quasi estorto a Paolo VI da parte dei vescovi tedeschi, benché egli fosse contrario e prevedesse i danni che questa pratica avrebbe comportato. 

Il teologo tedesco Bertram Stubenrauch si disse favorevole a non chiamare più il papa “vicario di Cristo” in quanto, se il papa detenesse una tale autorità al di sopra dei vescovi, non si darebbe più spazio per la collegialità. Un simile esempio mostra come la collegialità possa condurre finanche all’eresia.