Aspettando il lockdown
Nel celebre dramma Aspettando Godot di Samuel Beckett, che si iscrive nel filone del “teatro dell’assurdo”, i protagonisti Vladimir ed Estragon trascorrono i due atti dell’opera in una tragica e grottesca attesa, quella appunto del signor Godot, che essi non sanno chi sia né perché si faccia attendere, né del resto perché essi stessi lo attendono. Sulla scena solo un albero, alle loro spalle, che perde poco a poco le foglie e che sta ad indicare il trascorrere del tempo nell’attesa. Alla fine, il signor Godot non verrà, e nessuno saprà mai perché. I due si chiedono: «E ora? Ce ne andiamo?», «Sì, andiamo». Ma il segnale scenico che mette fine al dramma dice: «Non si muovono».
Strana affinità di questa scena con la grottesca ed estenuante attesa del popolo italiano in questi giorni: attesa di una, sempre più imminente, chiusura di tutto. Ed attesa in particolare dei cattolici, che vedono pian piano ripresentarsi il funesto spettacolo delle chiese chiuse; in Francia, ad esempio, questo incubo sarà realtà da martedì 3 novembre perché, bontà sua, l’eccelso gabinetto governativo d’oltralpe concede la possibilità, in un ultimo devoto sussulto di magnanimità, di celebrare gli uffici funebri il 2 novembre. Poi più nulla, chissà fino a quando i francesi potranno pregare solo da casa.
Quanto all’Italia, i segnali che accompagnano questa insopportabile attesa (che, contrariamente a quella di Godot, non sarà, ahimè, delusa) i segnali, dicevamo, sono già abbastanza chiari: il papa già diversi giorni fa aveva soppresso la Messa di mezzanotte a Natale (notoriamente foriera di violente epidemie…); il cardinale Bassetti, presidente della CEI, è positivo al Covid; Mons. D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno (autore di un video, inascoltato, di forte protesta contro la chiusura delle chiese a marzo) ha chiesto e immediatamente ottenuto le dimissioni anticipate. Cosa aspettarsi?
Purtroppo, ne siamo convinti, è questione di ore o al massimo di pochi giorni, ma la chiusura dei luoghi di culto e la sospensione di tutte le celebrazioni non potrà tardare, con grave, gravissimo danno per la professione pubblica di fede (laddove, beninteso, ancora si professava la fede…) e per la devozione dei fedeli, sempre più vittime del terrorismo mediatico che, se ha risparmiato le attività calcistiche di serie A, non risparmierà invece la casa del Signore.
Lo scenario autunnale delle foglie che cadono e che segnano il lento trascorrere delle ore è lo stesso del dramma di Beckett: in più c’è il puntuale rintocco della protezione civile e dell’ISS che ci aggiornano sulle migliaia di contagi giornalieri (e della scarsa percentuale di positivi realmente ammalati); il tutto prelude, con fervida attesa (sembra quasi che non se ne veda l’ora!) la chiusura totale ed il ritorno allo scenario di marzo – aprile – maggio. Solo che siamo a novembre, l’autunno – inverno è lungo.
Dunque, l’ennesima iniquità contro la Chiesa, i festeggiamenti della Natività del Signore, il diritto dei cattolici ad adorarLo in luogo pubblico, sta per consumarsi, e per un motivo del tutto sproporzionato. Purtroppo per noi, questo Godot arriverà. Speriamo che non tutti lo attendano a braccia aperte, e che qualcuno, al contrario di Vladimir ed Estragon, «si muova».