La Fraternità San Pietro cacciata dalla diocesi di Digione

Fonte: Distretto d'Italia

La diocesi ha dato le motivazioni in un comunicato che mette in luce delle questioni di fondo: l’accettazione senza ambiguità della nuova messa e del Concilio Vaticano II.

Qualche settimana fa è stata annunciata l’estromissione della Fraternità San Pietro dalla diocesi di Digione. La diocesi ha voluto «rimettere le cose in prospettiva» di fronte alle reazioni suscitate in alcuni da questa partenza, con un comunicato pubblicato il 17 giugno 2021 che presenta un certo interesse.

Quale rimprovero è stato fatto alla Fraternità San Pietro e ne ha giustificato il rinvio, secondo la diocesi? Da un lato il rifiuto di concelebrare il rito di Paolo VI e la pretesa di attenersi esclusivamente al rito tradizionale; dall’altro lo svilupparsi di un apostolato separato da quello della diocesi.

Quanto al primo punto, si apprende così che, nell’accordo fatto per essere ricevuti nella diocesi borgognona, «si era convenuto che il sacerdote della Fraternità [San Pietro] dovrà anche celebrare di tanto in tanto con gli altri preti, perché non vi sia una separazione netta tra i due riti».

Tale condizione era stata osservata dal cappellano della suddetta Fraternità per circa un decennio, fino al 2016. «Da quel momento i Padri nominati dalla Fraternità si rifiutano di compiere questo gesto di comunione sacerdotale e sacramentale». Ciò è stato percepito dalla diocesi come un «indurimento». Il vescovo di Digione non può tollerare che l’uso del rito tradizionale sia concepito come un rifiuto del rito di Paolo VI. Si dimostra così perfettamente nella logica della distinzione inventata da Benedetto XVI tra le due forme di un unico rito romano, il rito ordinario e il rito straordinario. Nell’ottica del motu proprio Summorum Pontificum, l’uno non può escludere l’altro.

Quanto al secondo punto, la diocesi nota che i preti della Fraternità San Pietro hanno costituito una «comunità parallela» una parte della quale «rifiuta quella che chiamano la Chiesa conciliare». «Si comprende quindi che non si tratta solo di una questione di rito», ma di accettare o rifiutare il Concilio Vaticano II. Questo atteggiamento doppio (presentarsi come essendo all’interno della diocesi ma agire «in maniera autonoma») non è accettabile per la diocesi di Digione. Se in effetti nessuna grave questione di fede fosse in causa, perché spezzare l’unità diocesana?

Sarà dunque d’ora in poi un prete della diocesi ad assicurare la celebrazione della Messa tradizionale nella chiesa dove finora hanno celebrato i preti della Fraternità San Pietro: la diocesi invita poi i fedeli a ricorrere alle parrocchie più vicine per tutti gli altri servizi pastorali.

Possiamo certo salutare benevolmente il rifiuto della maggior parte dei sacerdoti della Fraternità San Pietro di concelebrare la nuova messa, ma dobbiamo anche constatare che la diocesi di Digione si mostra logica: se si riduce ufficialmente la battaglia della Tradizione a una semplice questione di «sensibilità»1 o di «scelta personale»2 , non ci capisce in nome di che cosa si possa opporre.

Questa decisione del vescovo di Digione manifesta la grande lungimiranza del Fondatore della Fraternità San Pio X, Mons. Marcel Lefebvre, che aveva predetto la trappola rappresentata da queste comunità Ecclesia Dei, che pensavano di prosperare approfittando della condanna delle ordinazioni episcopali del 1988, sulla base del motu proprio Ecclesia Dei adflicta:

«È evidente che mettendosi nelle mani delle attuali autorità conciliari, ammettono implicitamente il concilio e le riforme che ne sono derivate, anche se ricevono dei privilegi che restano eccezionali e provvisori. La loro parola è paralizzata da questa accettazione. I vescovi li tengono d’occhio»

(Lettera a don Daniel Couture, 18 marzo 1989, cit. in Bernard Tissier de Mallerais, Monsignor Marcel Lefebvre, una vita, Edizioni Piane 2018)

La Fraternità San Pietro e le comunità Ecclesia Dei

In seguito alle consacrazioni episcopali del 1988, Roma ha concesso la celebrazione dell’antica liturgia ad alcune comunità3 , con il fine di recuperare i sacerdoti ed i fedeli della Fraternità San Pio X4 . Tra queste, la Fraternità San Pietro, fondata il 18 luglio 1988, ossia due settimane dopo il motu proprio Ecclesia Dei adflicta. Queste comunità Ecclesia Dei5 beneficiano dell’atto eroico posto da Mons. Lefebvre il 30 giugno 1988. Se il fondatore di Ecȏne non avesse compiuto quelle ordinazioni episcopali, la Roma conciliare non avrebbe mai accordato la liturgia tradizionale. In cambio di questa concessione, queste comunità devono riconoscere la nuova messa come un rito pienamente legittimo e accettare (o almeno non criticare ufficialmente) i documenti conciliari. Un tale silenzio ufficiale costituisce, in se stesso, una complicità colpevole.

Fonte: La Porte Latine

 


Note a piè di pagina

  1. Secondo i termini usati dal comunicato della diocesi di Digione dell’8 giugno 2021.
  2. Secondo i termini usati a proposito della concelebrazione della nuova messa dal superiore francese della Fraternità San Pietro, don Benoit-Paul Joseph, in un’intervista al sito Le Salon Beige del 5 giugno 2021.
  3. «A tutti questi fedeli cattolici, che si sentono vincolati ad alcune precedenti forme liturgiche e disciplinari della tradizione latina», Motu proprio Ecclesia Dei adflicta n. 5, 2 luglio 1988.
  4. «Viene istituita una Commissione, con il compito di collaborare con i Vescovi, con i Dicasteri della Curia Romana e con gli ambienti interessati, allo scopo di facilitare la piena comunione ecclesiale dei sacerdoti, seminaristi, comunità o singoli religiosi e religiose finora in vario modo legati alla Fraternità fondata da Mons. Lefebvre, che desiderino rimanere uniti al Successore di Pietro nella Chiesa Cattolica, conservando le loro tradizioni spirituali e liturgiche, alla luce del Protocollo firmato lo scorso 5 maggio dal Cardinale Ratzinger e da Mons. Lefebvre […]», Motu proprio Ecclesia Dei adflicta n. 6, 2 luglio 1988.
  5. Oltre la Fraternità San Pietro, si enumerano tra i principali l’Istituto Cristo Re di Gricigliano, l’Istituto del Buon Pastore, l’abbazia benedettina del Barroux, le domenicane insegnanti di Pontcallec, la Fraternità San Giovanni Maria Vianney di Campos in Brasile.
  • 1Secondo i termini usati dal comunicato della diocesi di Digione dell’8 giugno 2021.
  • 2Secondo i termini usati a proposito della concelebrazione della nuova messa dal superiore francese della Fraternità San Pietro, don Benoit-Paul Joseph, in un’intervista al sito Le Salon Beige del 5 giugno 2021.
  • 3«A tutti questi fedeli cattolici, che si sentono vincolati ad alcune precedenti forme liturgiche e disciplinari della tradizione latina», Motu proprio Ecclesia Dei adflicta n. 5, 2 luglio 1988.
  • 4«Viene istituita una Commissione, con il compito di collaborare con i Vescovi, con i Dicasteri della Curia Romana e con gli ambienti interessati, allo scopo di facilitare la piena comunione ecclesiale dei sacerdoti, seminaristi, comunità o singoli religiosi e religiose finora in vario modo legati alla Fraternità fondata da Mons. Lefebvre, che desiderino rimanere uniti al Successore di Pietro nella Chiesa Cattolica, conservando le loro tradizioni spirituali e liturgiche, alla luce del Protocollo firmato lo scorso 5 maggio dal Cardinale Ratzinger e da Mons. Lefebvre […]», Motu proprio Ecclesia Dei adflicta n. 6, 2 luglio 1988.
  • 5Oltre la Fraternità San Pietro, si enumerano tra i principali l’Istituto Cristo Re di Gricigliano, l’Istituto del Buon Pastore, l’abbazia benedettina del Barroux, le domenicane insegnanti di Pontcallec, la Fraternità San Giovanni Maria Vianney di Campos in Brasile.