La Tradizione Cattolica, 120 (2022 n. 1)

Sommario:

Editoriale

Mantenere la Tradizione e trasmetterla

La Salette

Piccolo Catechismo della Nuova Messa

L’annuncio dell’evento - La nozione postconciliare di chiesa-comunione

Rimedio efficace a tutte le crisi: l’orazione carmelitana.

Prima domenica di Quaresima (Mons. Lefebvre)

Vita della Tradizione

Necrologi

 

Editoriale

«Sai, figliola, chi sei tu e chi sono io? Se saprai queste due cose, sarai beata»

È con queste parole che Nostro Signore esordisce in una sua apparizione a santa Caterina da Siena. «Sarai beata»! Chi non anela a questa beatitudine in mezzo alle mille contradizioni, croci, di questa vita? Il nostro cuore spesso si inganna cercando una falsa felicità nelle creature: è il peccato che lascia solamente amarezza in bocca.

Qual è il segreto che Nostro Signore vuole rivelare alla nostra santa? «Tu sei quella che non è; io, invece, Colui che sono»[1]. Parole che ci sembrano aride. Eppure, tremila anni fa, già quando Mosè chiedeva il suo nome per poter annunciarlo agli ebrei schiavi in Egitto, l’apparizione dal Roveto Ardente gli risponde: «Io sono colui che sono!»[2]. Gesù stesso risponderà ai Farisei: «Prima che Abramo fosse, Io Sono»[3].

«Se avrai nell'anima tua tale cognizione, il nemico non potrà ingannarti e sfuggirai da tutte le sue insidie; non acconsentirai mai ad alcuna cosa contraria ai miei comandamenti, e acquisterai senza difficoltà ogni grazia, ogni verità e ogni lume»[4]. Scaviamo un po’ questo tesoro?

Dipendenza assoluta da Dio

«Tu sei quella che non è; io, invece, Colui che sono»: questa verità ci ricorda la nostra dipendenza assoluta da Dio. In linguaggio filosofico si dice che noi siamo composti di atto e potenza: in altre parole, siamo imperfetti o, semplicemente, creature. Per esempio, la nostra intelligenza esiste, è in atto, ma è in potenza ad acquisire nuove conoscenze, a perfezionarsi. In Dio non c’è nessuna potenza: «Dio è l’Essere perfettissimo» recita il catechismo di san Pio X[5]. In altre parole, Dio è atto puro: non può cambiare, non può perfezionarsi. Invece noi siamo esseri creati, imperfetti, defettibili.

Partecipiamo all’esistenza di Dio non solo nel momento della nostra venuta all’esistenza ma partecipiamo a ogni momento all’esistenza di Dio: «Tu sei quello che non è». L’Apostolo dice: «Che cosa hai che non hai ricevuto?». Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, è un dono di Dio che ci mantiene nell’esistenza e che ci dà, Lui stesso, di poter agire, in questo momento: «Tu sei quella che non è». «Che cosa hai che non hai ricevuto?».  Sono grandi verità la cui meditazione ci manterrà nell’umiltà e nella dipendenza di Nostro Signore, il vero Dio. È il frutto che Gesù promette a santa Caterina.

Mons. Lefebvre diceva in altre parole: «L’idea fondamentale, l’idea essenziale del cristiano, di colui che ha la fede, ma anche semplicemente dell’uomo saggio, dell’uomo sensato, dell’uomo che ha la saggezza della filosofia e della teologia, questa idea direttrice è la dipendenza da Dio, vivere nella dipendenza da Dio. Credo che sia quello che ci separa da tutti quelli che, precisamente, non vogliono vivere nella dipendenza da Dio, vivere nella totale, completa, intera, perfetta dipendenza da Dio. Bisogna sempre ritornare a questo principio fondamentale, essenziale, nella luce della fede»[6].

D’altronde Dio è l’oggetto del primo articolo del Credo, del primo comandamento, della prima domanda del Pater e il primo argomento del Somma teologica di san Tommaso. La condizione che san Benedetto chiede per ammettere un novizio non è diversa: «Si revéra Deum quaerit – Se il novizio cerchi davvero Dio»[7]. Sarà l’eterna scoperta del Paradiso: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo»[8].

Dipendenza e indipendenza da Dio sono stati l’oggetto del primo combattimento in Cielo: «Quis ut Deus? – Chi è come Dio?» è il nome dell’Arcangelo Michele. «Non serviam – Non servirò» risponde Lucifero.

Vivere al ritmo della Provvidenza

Vivere nella dipendenza da Dio, è vivere al ritmo della Provvidenza senza anticiparla “imponendo” a Dio il nostro giudizio, la nostra scelta naturale; e senza neanche ritardare, rifiutando la grazia che Dio ci offre. Ascoltiamo ancora un grande Vescovo: «Da parte mia, ho quasi sessant’anni di sacerdozio, vedo che sono stato anch’io, sicuramente, può darsi nel mio zelo, lo riconosco, qualche volta più umano che soprannaturale; ed allora a forza di riflessioni e di preghiere, mi sembra che adesso nella realizzazione della Fraternità, ho sempre seguito la Providenza; non voglio precederla. E penso che sia un grande pericolo di voler precedere la Providenza, di dire: “Beh, io farò questo, voglio realizzare questo, bisogna che io faccia questo, bisogna assolutamente che io faccia questo” … Uno non si dice abbastanza: “Il Signore lo vuole? È veramente questo che il Signore vuole? Lo vuole in questo momento? Lo vuole in questo modo? Non vuole che riflettiamo un po’ di più o che aspettiamo un po’, affinché sia di più la Sua volontà che la mia, affinché si manifesti di più la Sua volontà che la mia; perché se faccio la mia volontà, rischio di non fare la volontà di Dio o di non fare la volontà di Dio come il Signore lo vuole”»[9].

Approfittiamo di questa Quaresima per fare digiuno di internet, smartphone ed altri social. Il tempo ricavato ci permetterà di approfondire la nostra conoscenza di Dio nello studio e nella preghiera di adorazione. «Tu sei quella che non è; io, invece, Colui che sono».

Ad Jesum per Mariam, ad maiorem Dei gloriam.


[1] Legenda Maior, cioè Vita di Santa Caterina da Siena, beato Raimondo da Capua, Cantagalli, Siena, 1994, Capitolo X, “Sapienza di Caterina”, p. 97.

[2] Es III,14.

[3] Giov VIII,58.

[4] Legenda Maior, ibidem.

[5] Catechismo della Dottrina cristiana, 1912, §2 – Ed. Piane, 2020.

[6] Cor Unum, pp.99-100. Conferenza ai sacerdoti della Fraternità San Pio X a Saint-Nicolas-du-Chardonnet, Parigi, 13 dicembre 1984.

[7] Regola, cap. 58, n°7.

[8] Giov XVII,3.

[9] Cor Unum, ibidem, pp.104.105.