La Tradizione Cattolica, 124 (2023 n. 2)

Editoriale
Gli ultimi orientamenti del pontificato di Francesco 
I sessant’anni dal Concilio 
Solve et coagula 
All’insegna dell’illegalità e della rivoluzione 
Concilio Vaticano II: cosa ne direbbero i Padri del Concilio di Trento? 

Esseri d’eternità

Alcuni pensano di poter fare degli uomini “migliorati” grazie alla microinformatica, al così detto transumanesimo. Esistono già super computer che vi possono preparare un discorso, magari anche una predica più cattolica di tante altre che si sentono: basta indicare al computer le parole giuste chiedendogli pure di citare i Padri della Chiesa o san Tommaso d’Aquino. Ve lo farà a meraviglia. Eppure, c’è una differenza e non da poco: questo computer sarà pure fatto d’oro e di diamanti, rimane un puro oggetto materiale. Un giorno, anche fra miliardi di anni se vogliamo, un giorno sparirà Invece l’anima di quello che sta battendo le parole sulla tastiera o che detta il testo al suo ultimo smartphone, quest’anima, anche se magari in questo momento è un po’ troppo pigra per scrivere da sola un discorso, quest’anima diciamo in questo giorno sarà o in Paradiso o all’Inferno e questo, non per qualche miliardo di anni, ma per l’Eternità.

È la differenza essenziale tra l’uomo e il mondo materiale, vegetale, animale che lo attornia: l’uomo ha un’anima spirituale e quindi immortale. E quest’anima è chiamata a un destino soprannaturale: sotto l’influsso della grazia può vincere sé stessa e meritare il Paradiso o preferire sé stessa e i suoi interessi a Dio e così meritare la riprovazione eterna.

Come farci dimenticare che siamo esseri d’eternità?

Il principe del mondo, che è un puro spirito ma sa come siamo fatti e dove sono le nostre ferite, cerca di farci dimenticare il nostro destino eterno legandoci ai beni materiali: sono due delle tre concupiscenze citate da san Giovanni, la carne e gli occhi; cioè, i beni materiali e i piaceri della vita, sapendo che spesso i primi servono a comprare i secondi.

L’antidoto: purezza dell’intelligenza e della volontà

La purezza dell’intelligenza va a lottare in modo speciale contro la terza concupiscenza, quella degli angeli ribelli e di Adamo ed Eva, l’orgoglio. La purezza dell’intelligenza si ottiene quando quest’ultima è illuminata dalla verità, dalla verità integrale senza ombra di errore. In questa vita è la fede che ci illumina sulla verità essenziale: Dio Trinità che dobbiamo possedere nella visione beatifica mediante la salvezza che riceviamo in Gesù Cristo. La purezza della fede è sempre stata difesa dalla Chiesa. Ma le due purezze lavorano insieme.

Come dice Paul Bourget: Bisogna vivere come si pensa, altrimenti, prima o poi, si finisce col pensare come si è vissuto. La purezza delle fede esige una vita in conformità, una vita che tende a far morire l’uomo vecchio per far trionfare la vita di Gesù

Cristo in noi: Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me… Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo (Gal II,20; VI,18). Quindi la purezza della fede trasforma le anime, le rende distaccate dal mondo e fa fiorire i chiostri e le anime sacerdotali; feconda i veri matrimoni e forma delle famiglie numerose. Un’anima pura, che domina le sue passioni, sarà pronta ad ascoltare gli inviti della fede e a offrirsi in vittima per portare la sua croce quotidiana.

All’inverso, il demonio sa che non ci deve proporre subito un “bel” peccato di apostasia. Ma ci spingerà man mano a non vivere in conformità con la nostra fede, a una vita di compromessi. Il soldato ha perso non quando subisce un colpo; finché si rialza il combattimento non è finito. Ma se decide di coricarsi o di darsi alla fuga allora è stato vinto. È ciò che ci accade quando accettiamo una vita di compromesso sulla fede e le sue esigenze.

Il nemico del genere umano ci proporrà in alternativa dei falsi piaceri che ci incatenano. È la sua arma preferita oggi. L’uomo cerca di dimenticare che è creato per contemplare Dio e che non può trovare la sua felicità in un bene creato, finito. Si rende simile a un animale senza ragione o anzi peggio perché rovescia l’ordine mettendo la sua intelligenza al servizio delle passioni.

Non c’è alternativa: o rifiutiamo la Croce e cerchiamo una felicità nelle tre concupiscenze, ma sono cenere e polvere che la nostra mano non riesce a tenere. O abbracciamo la Croce, ma guardando in su vediamo Nostro Signore che ci ha preceduto e soprattutto scorgiamo il Paradiso con tutta la corte celeste che ci guarda e ci aspetta.

«Chi guarda nelle acque del lago, vi vede tutto capovolto, ma quelle immagini corrispondono ad una realtà eretta e maestosa. Chi guarda la vita, lago di angustie, vi vede tutto rovesciato: l’altezza è la profondità, il cielo l’abisso, gli alberi stanno con la chioma all’ingiù, e tutto appare storto, contorto, spezzato, agitato come sono agitate le acque che riflettono quelle immagini. Eppure, basta alzare gli occhi al cielo e staccarli dalle acque, per vedere un paesaggio meraviglioso, eretto, ordinato.

Oh, se guardassimo al cielo, quanto diverso ci apparirebbe, e in quale luce arcana di bellezza vedremmo il dolore che tanto ci spaventa!» (don Dolindo Ruotolo).

Ad Jesum per Mariam, ad maiorem Dei gloriam.

don Ludovico Sentagne