Il card. Bassetti e l’ateismo pratico

Fonte: Distretto d'Italia

Se il modernismo teorico consiste, in una parola, nel sostituire la Fede nella Rivelazione esterna in un sentimento interno, quello pratico potrebbe riassumersi in questo: sostituire il principio divino trascendente (cioè Dio) alla base della legge morale con il principio immanente della morale laica costantemente in evoluzione: nient’altro, cioè, che un ateismo di fatto. È ciò che ormai da decenni la CEI ha adottato come prassi pastorale, come possiamo leggere dalle parole del card. Bassetti, presidente dei vescovi italiani, a proposito del dibattito sul suicidio assistito.

Intervenuto al seminario di “Famiglia e vita” lo scorso 11 settembre a Roma sul tema “eutanasia e fine vita”, il porporato vescovo di Perugia ha parlato, a nome della Chiesa italiana, contro l’affermarsi della cultura della morte e del disprezzo della sofferenza, temi così cari al mondo radicale ma anche alla sinistra parlamentare. Il cardinale si è pronunciato contro la possibile approvazione di una legge sull’eutanasia, o addirittura una sentenza della Corte costituzionale sul caso di Cappato e del “DJ Fabo”, che costituirebbe l’inizio di una drammatica giurisprudenza. Fin qui, tutto bene, se non fosse però che nel lungo discorso di Bassetti il grande assente è Dio.

Tanto per cominciare, «Come cristiani siamo convinti che la persona non esiste se non in quanto diretta verso gli altri, non si conosce che attraverso gli altri, si ritrova soltanto negli altri. Ogni persona, quindi, ha una necessità costitutiva di relazione con gli altri e può realizzarsi solo nel dono di sé e nell’apertura al prossimo». Esplicita ammissione di personalismo, falsa filosofia secondo cui l’essenza della persona non è la sua individualità di essere ragionevole (che non ha nulla a che vedere con un atteggiamento individualista del singolo) ma la relazione con gli altri; cosa più grave, però, è che «L’approvazione del suicidio assistito nel nostro Paese aprirebbe allora un’autentica voragine dal punto di vista legislativo, ponendosi in contrasto con la stessa Costituzione italiana, secondo la quale “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”». Questa sembra essere l’unica preoccupazione del cardinale: l’eutanasia va contro la Costituzione e quindi contro i diritti umani; niente più spazio né per Dio (ripetiamo: mai citato in tutto il discorso) né per la morale della Chiesa cattolica.

Un ultimo punto espresso dal presidente della CEI smantella definitivamente il ruolo della Chiesa stessa: secondo lui, «Essa è chiamata a rendere testimonianza ai valori evangelici della dignità di ogni persona e della solidarietà fraterna». Ovvio che, forzando il testo, “solidarietà fraterna” potrebbe far riferimento alla carità verso il prossimo e che “dignità della persona” potrebbe indicare una reminiscenza del 5° comandamento, ma leggendo queste righe con gli occhiali del Vaticano II e alla luce della falsa dottrina della libertà religiosa, questi concetti assumono senz’altro il valore che la lettera del testo impone: l’ennesima, non nuova, ma certo costantemente ribadita, abdicazione della gerarchia cattolica dalla sua vera missione che è quella di predicare Cristo, la sua Dottrina e la sua Legge, per sostituirvi l’Uomo, la sua Libertà e la sua Etica atea e personalista.

don Gabriele D'Avino

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